DIFESA DEL TERRITORIO

IL VILLAGGIO - TERRA

Cancelli è il nome di luogo di una frazione territoriale nel comune di Foligno; Cancelli è anche il cognome di un gruppo parentale antichissimo (se ne ha documentata testimonianza dal Duecento) diventato una stirpe ivi residente senza soluzione di continuità. La stirpe a cui appartiene Maurizio Cancelli. Situato nell’entroterra appenninico a 900 metri sul livello del mare, Cancelli dista trenta chilometri da Assisi; è parte di un sistema di piccoli villaggi che negli ultimi anni hanno subito un completo spopolamento e si apprestano a vedere il crollo delle strutture architettoniche.
Non vi è più economia. Si è infatti assistito ad un impoverimento della originale comunità rurale che non è stata capace di evolversi e preservare le proprie ricchezze e tradizioni a fronte del processo di urbanizzazione ed alle sfide della globalizzazione. Questo processo non si è manifestato unicamente a Cancelli ma in altre comunità in Italia e nel mondo. Le popolazioni rurali dei paesi in via di sviluppo e soprattutto dei paesi meno avanzati hanno sofferto ancora di più, sprofondando nella loro povertà e perdendo le loro naturali difese del territorio e tradizioni.
Maurizio Cancelli ha fatto del suo villaggio un “manifesto” che offre un nuovo modello di sviluppo rurale dal quale riflettere sulla natura e sul ruolo dell’Arte oggi; L artista che appartiene alla comunità rurale deve farsi interprete di essa e delle sue peculiarità, diventarne voce attiva ponendo al centro un nuovo modello di sviluppo rurale che ponga al centro l’uomo, le sue tradizioni ed il territorio nel contesto odierno. L‘artista si fa promotore del risveglio della comunità rurale sottolineandone le possibilità di sviluppo e la loro attualità in un fase dello sviluppo della società che rivaluta le esperienze rurali.
Questo impegno civile dell’Artista si articola in un manifesto-messaggio che fornisce una nuova visione del rapporto tra la valorizzazione delle Comunità rurali e la globalizzazione: La terra è un bene di tutti ed è nostro preciso dovere rispettarla e valorizzarla: è necessario quindi che si formino aree di riflessione e modalità che permettano la reciproca convivenza e si instauri una nuova dialettica tra sviluppo economico e sostenibilità. Non è infatti possibile rimanere indifferenti quando la vitalità degli spazi territoriali in qualsiasi parte del pianeta sia sotto un assedio permanente.
Le contraddizioni, i contrasti, i conflitti, le paure, le sconfitte, le distruzioni, non sono riusciti a cancellare la primigenia centralità del villaggio-terra; anzi, non è mancato chi ne ha esaltato l’intreccio con la città, in una visione di armoniosa correlazione mediata dalla presenza dell’uomo.
Per milioni di anni, nel villaggio-terra si sono trasmessi saperi; di generazione in generazione, in simbiosi con la natura e i suoi elementi costitutivi, si sono formate tradizioni. Le diverse tradizioni le quali, nel perenne movimento degli umani, si miscelano tra di loro possono fornire tante risposte alle domande e ai bisogni delle nuove generazioni; difendere e valorizzare tali depositi millenari può produrre una futura bellezza. In ogni parte del globo vi sono sedimentati saperi, essi sono di vitale importanza non solo per quel Paese o per l’altro ma per delineare il profilo di un nuovo “bello” che sia per tutta la terra. Qui nasce la necessità di preservare la terra-villaggio e trovarne la funzionalità che ne assicuri sostenibilità economica ed ambientale.
Assumere il territorio come un bene comune-civico sul quale è depositata la storia significa farne un patrimonio non soltanto per chi ci è nato ma anche per chi vuole viverci o tornare a viverci, non soltanto nel presente ma anche per il futuro. Nessuno ha il diritto di umiliarlo e farlo morire,bisogna che esso torni a vivere perché ne abbiamo bisogno. Gli “sviluppi economici” odierni, fondati sugli interessi e sulle logiche dei cosiddetti “mercati”, portano alla distruzione di quelle aggregazioni periferiche che non rientrino nelle dinamiche della mondializzazione. Questi stessi mercati danno opportunità per il “piccolo” che sappia sfruttare in “know-how” della qualità raggiunta attraverso l’amorevole cura nei confronti delle specificità, delle peculiarità territoriali. Bisogna quindi evitare uno schiacciamento verso il basso, il livellamento, rivalutando le capacita culturali, territoriali delle comunità introducendo la necessaria innovazione che possa assicurare la diffusione del nuovo messaggio a coloro che possono apprezzarne il significato. Le dinamiche odierne tendono a schiacciare la dimensione minore a vantaggio della maggiore; il centro si dilata, magari a dismisura, la periferia deperisce e la qualità della vita, del pensiero e dello sviluppo intellettuale ne soffre. Perché non riflettere, perché non sognare, perché non immaginare un nuovo Paradiso, frutto di un nuovo incontro tra un nuovo Adamo ed una nuova Eva?
Un futuro villaggio-terra, dunque; una dimensione nella quale si veda chiaramente che il territorio non è solo la città, le tecnologie altamente innovative, il virtuale ma è anche il pago, ovvero il nucleo endemico rurale, gli uomini rispettano gli elementi costitutivi dell’ambiente nella consapevolezza che lì e da essi traggono il proprio buon vivere. Se osserviamo le architetture dei villaggi, vediamo i segni di un’umanità che certamente ha sfidato la natura rispettandone però le regole, le geometrie, le proporzioni. I villaggi-terre che insieme a Cancelli hanno segnato l’Appennino folignate, Cupoli, Cascito, Civitella, Val Lupo sono paragonabili alle abbazie benedettine, ed una lì vicina, importantissima, quella di Santa Croce in Sassovivo, informò di sé questi luoghi per moltissimo tempo. Entro le loro cinture murarie, gli uomini delle abbazie si confrontavano con la misura e i ritmi del villaggio-terra, mediando “l’ora” con il “labora“, vivendo l’esperienza del fare, del produrre in un’economia locale, un’economia di villaggio, nella quale l’orto, il campo, il prato naturale, il pascolativo, la selva, davano frutti essenziali all’esistenza, fondando filiere alimentari dai sapori e dalle qualità oggi a noi sconosciuti. E ciò senza voler idealizzare il tempo che fu, giacché non mancarono mai disuguaglianze, ingiustizie, soprusi, marginalità.
Il messaggio dell’artista Cancelli sviluppa l’idea di una rivalutazione delle comunità rurali che possano risvegliare nella nostra mente il valore “umano” presente in queste realtà e nel concetto di villaggio-terra. Ognuno di noi ha una “terra”, una cultura che incarnano il nostro “io” più profondo e migliore. Si sottolinea quindi una linea tendenziale inversa o perlomeno complementare rispetto a quella oggi dominante, la quale sposta i ritmi di vita scambiando la notte per il giorno, esalta “sballi” di ogni genere, sfida la morte, non riesce a godere la prima luce, l'alba e le sue eloquenti cromie. Il valore intrinseco delle comunità rurali ci aiuta ad una rilettura più attenta della nostra condizione umana e riveste un’ importanza del tutto particolare in un periodo ove si stanno verificando ritorni a queste realtà in Italia e nel mondo.
ISTALLAZIONE, “ VILLAGGIO - TERRA”
Opera disegnata con prospettive calcolate sui punti di vista.
Tele m.1 x m.1 componibili. Tecnica pastelli, olio , tempera su tavole e inchiostri su pelli di agnelli.

Numero 13 pecore scolpite su polietilene..

Se tutto ciò ha qualche fondamento, il “VILLAGGIO - TERRA” di Maurizio Cancelli appare come un sogno nell’impossibile, una riflessione su ciò che si è perduto. L’opera è un’installazione, le sue misure sono m. 4 x 4 x 3 di altezza. Si accede all’interno dell’installazione da due entrate contrapposte rispetto ai lati del quadrato. Sia internamente che esternamente tutto è disegnato con prospettive geometriche calcolate sui punti di osservazione. Alle pareti dell’ambiente ove sarà collocata l’installazione, verranno appese dodici pelli di agnelli dipinte a tempera: un rinvio alle antiche forme di comunicazione scritta e, nel contempo, al “gregge”, segno caratteristico dell’economia appenninica. Il villaggio è come un codice miniato. Esso richiama il passato ma può diventare uno stimolo a reinventare terre di villaggi e di popoli.
Il tutto è accompagnato da due videoproiezioni che raccontano il vissuto del villaggio-Cancelli e prospettano l’ipotesi di farlo tornare a vivere grazie al “Contratto di Paesaggio”. Quest’ultimo è finalizzato alla definizione di una strategia di sviluppo territoriale e di riqualificazione paesaggistica dei territori appartenenti alle Comunanze Agrarie dell’Appennino centrale; il patto è stato stipulato, con la Regione Umbria, dai Comuni di Foligno, Trevi e Sellano nonché da un buon numero di Comunanze presenti nei tre territori comunali. Per ora è uno strumento da inquadrarsi nei processi di programmazione territoriale negoziata, ma risulterà essenziale per integrare le disponibilità finanziarie dei vari soggetti con risorse provenienti dall’esterno. Per la Comunanza Agraria di Cancelli e per Maurizio Cancelli, questo Contratto rappresenta il coronamento di un’attiva opera di sensibilizzazione intorno ai destini delle zone poste al margine dello sviluppo economico moderno.
L’opera di Maurizio Cancelli vuole far ripensare il/al rapporto tra villaggio e città in una nuova visione umanistica: la difesa del territorio. Il villaggio è proiettato nella globalità dell’economia-mondo; il confronto tra architetture e ambienti lontani esalta l’osmosi di colore e luce; si configura con una valenza che accomuna tutti gli umani. L’opera è il risultato di una progettazione geometrica tradizionale, fa affiorare suggestioni cinetiche e di grande impatto cromatico. L’osservatore, nel guardare, è come sommerso dai tanti punti di riferimento. Il diritto di sperare, sognare il futuro.